Dal nuovo millennio la comunità di Internet sta crescendo in modo esponenziale: basti pensare a come nel nostro paese la popolazione dal 1997 (circa 1 milione di abbonati) ad oggi si è moltiplicata di una ventina di volte, grazie alla semplicità di accesso tramite dispositivi mobili e al costo ormai accessibile a tutti.
Pertanto, come accade nel mondo reale, l’esplosione demografica porta ad una diminuzione delle risorse dell’habitat in cui gli organismi vivono, e quindi organizzazioni che amministrano l’intera rete come l’ICANN si sono trovati a fine millennio a tentare di risolvere l’imminente problema: affinché un dispositivo possa accedere ad Internet è necessario che gli venga assegnato un indirizzo (in gergo IP), ma questi ultimi non possono essere infiniti, e pertanto già dall’inizio degli anni 2000 si era previsto che intorno agli anni 10′ si arrivasse all’esaurimento totale degli indirizzi disponibili.
Con la versione iniziale del protocollo utilizzato per far comunicare i dispositivi digitali in rete (IPv4) si avevano a disposizione circa 4 miliardi di indirizzi, ma attualmente, secondo i dati dell’American Registry for Internet Numbers (ARIN) nel solo Nord America sono rimasti disponibili soltanto 3 milioni circa di indirizzi IP su 1.4 miliardi disponibili per quella regione.
Fortunatamente la soluzione esiste (precisamente dagli inizi del 2000) ed è passare al nuovo protocollo IPv6 che permette una elaborazione pressoché infinita (circa 340 miliardi di miliardi di miliardi) di indirizzi e poter porre un rimedio alla “mancanza di spazi”; il problema principale è che attualmente una piccolissima percentuale della popolazione utilizza un indirizzo del genere per connettersi alla rete, ma ci sono aziende come Facebook che hanno reso il 90% dei propri indirizzi IP secondo il protocollo “nascente”.
Il passaggio ad IPv4, quindi, sarà soltanto una questione di tempo. Non ci resta che aspettare.